VENIRE ALLA LUCE
“Venire alla luce” è un’espressione tipica che indica l’atto di nascere. Quando il grande filosofo Platone voleva affrontare tematiche particolarmente difficili, come la conoscenza, ricorreva a dei miti, dei racconti che rendessero più accessibile la complessità di certe tematiche. Nel più celebre di questi miti, quello della caverna, un gruppo di uomini, l’umanità intera, vive prigioniero in fondo ad una caverna, con le mani legate dietro la schiena, con lo sguardo rivolto al fondo della grotta. Delle ombre prendono vita sulla parete e quegli uomini vivono nella convinzione che quei simulacri siano la realtà vera, tutta la verità. Ma uno di quei prigionieri riesce a liberarsi dalle catene e a voltarsi verso l’uscita. Scopre che un fuoco acceso proietta, con la sua luce fioca, ombre di statuette che altro non sono che forme di tutto ciò che esiste, solo forme, non realtà. Libero di muoversi il prigioniero liberato si avvicina all’uscita della caverna perché vede accendersi una luce potente. Esce all’aperto, non è abituato alla luce e rimane colpito dal sole che brilla in cielo. Quando i suoi occhi si sono abituati si rende conto che tutta la sua vita, in precedenza, era stata segnata dall’oscurità dell’ignoranza. Per Lui venire alla luce ha significato uscire dall’oscurità, nascere alla conoscenza della verità. Anche noi vorremmo far nascere inostri pensieri ma gli uomini corrono un serio rischio, quello che la vita gli scorra sopra, come un viaggio in auto da bambini, sonnacchiosi sul sedile posteriore. Una di noi ci regala una poesia che musicalmente rende questa suggestiva immagine:
CAPITOLO 29
Da assonnata
conduco un viaggio
nella notte
Quelli davanti parlano
ma non credo di conoscerli
seguo a tratti
pezzi dei loro discorsi
mentre dormo, scomoda, sui sedili di dietro
e tra frammenti di sonno e attimi di dolore
mantengo il silenzio
Dai finestrini entrano macchie di luce e spazi di buio
in una danza indecifrabile
lasciandomi senza fiato
cercando di capire
Da assonnata
tento di comprendere dove sono, cosa sono, cosa devo fare
ma un’opprimente sonnolenza mi assale
E sarebbe maledettamente poetico
se non fossi io
a cercare di restare sveglia, a cercare di capire.
Ma il sonno mi chiama.
Qual è il segreto della vita? Dove si nasconde l’essenza dell’Essere e dell’Esistere, chiederebbe il filosofo medievale Tommaso d’Aquino. Il pericolo di restare assopiti sul sedile posteriore dell’auto è concreto. E poi, chi sono “quelli” che guidano l’auto? Hanno a che fare con me?
Chiediamo al poeta americano Edgar Lee Masters di aprirci la strada:
LA SIGNORA SIBLEY
Il segreto delle stelle: la gravitazione
Il segreto della terra: giacimenti di pietre
Il segreto del suolo: ricevere il seme.
Il segreto del seme: il germe.
Il segreto dell’uomo: seminare
Il segreto della donna: il suolo.
Il mio segreto: sotto un tumulo che voi non scoprirete mai.
Il segreto della vita cerca di risolverlo il dott. Frankenstein, dal romanzo di Mary Shelley, nel momento in cui cerca di chiamare alla vita la sua creatura.
Vivi!
Vieni alla luce:
Nell’immaginario greco, anche secondo Socrate e il suo discepolo Platone, ogni essere umano è caratterizzato e definito da un daimon, un demone, oggi potremmo dire un’anima che prende addirittura l’aspetto di un animale guida. Nel film “La Bussola d’oro” tratta dal romanzo “The golden compass” di Philip Pullman, ogni essere umano è seguito da un animaletto che, fondamentalmente lo rispecchia e gli dona identità.
Un essere umano, quindi, da cosa o da chi è definito?
È la domanda che viene posta ad ogni membro del laboratorio: scrivere su di un foglietto quale forma concreta assumono i nostri pensieri? Con fatica ognuno prova a rispondere.