TROTTOLA
È l’ultimo incontro del lab. I filosofi sono chiamati, come a poker, a mostrare le carte. Secondo il filosofo tedesco contemporaneo Heidegger ogni esistenza umana si trova a rischio deiezione. La inautenticità assedia le nostre vite costringendoci ad essere falsi. Spesso tutto ciò accade in maniera quasi inconsapevole: ci perdiamo in quello che Heidegger chiama il “CHIACCHIERICCIO” delle cose vuote e inutili. Intanto la nostra vita procede nella sua vacuità, fino a quando ci accorgiamo che non ce n’è più.
Veri o falsi? Illusione o realtà? Essere noi stessi o essere altro?
Forse è proprio questa la domanda che ci pone la vita, attraverso la morte.
Proviamo a riflettere partendo dalla scena finale del film “Inception”: l’agente speciale Cobb ha il potere di entrare nei sogni delle persone e di modificarne la natura. Ogni volta che fa partire la sua piccola trottola egli si intrufola nelle menti e le condiziona. Ciò, però, ha l’effetto devastante di confondere realtà e finzione, sogno e verità, autentico e inautentico.
Lanciamo la trottola!
Quando sto vivendo la mia vita? Quando, invece, sono nella falsità?
Alcuni moralisti benpensanti sostengono che la marea di social-media come Facebook, Instagram, Twitter e tanti altri, in cui ognuno di noi si perde quotidianamente non faccia altro che proiettarci in dimensioni parallele, inautentiche e alienanti. Ma noi non siamo così sicuri che si possa imputare a questi mezzi tutte queste responsabilità.
I filosofi non tardano a rispondere:
“Quando gioco ad una consolle elettronica spesso mi capita di immedesimarmi coi personaggi, ma quando il gioco finisce termina anche il ruolo. Però quando leggo un libro non accade e continuo ad immedesimarmi in quel personaggio, sempre. Perché? Perché quando leggi un libro non ti trasformi in qualcosa d’altro ma capisci, comprendi, e quindi diventi sapiente, ami il sapere, fai filosofia e questo ti consente di vedere le cose in modo diverso. Per essere veri bisogna mettersi in gioco, rischiare. Affermava Heidegger che il rischiare attraverso il progettare fosse l’unica forma di trascendenza effettiva concessa all’umanità, l’unico modo per andare oltre il poco che siamo. Essere se stessi, senza finzioni, ed essere amati per questo. Ma a questo proposito non abbiamo garanzie. È rischioso, sovente il mondo ci vuole bravi attori in una parte che ci viene imposta. Essere veri, a volte, potrebbe risultare come una arrogante presunzione, forse meglio sarebbe tentare di esserlo. Bella cosa la coerenza, ma coerenti a chi? E a quali valori? E soprattutto perché? Come ci ricorda il commediografo italiano Luigi Pirandello noi uomini indossiamo così tante maschere che quasi ci scordiamo chi siamo. Le maschere sono le protesi di cui abbiamo trattato negli altri incontri. Le protesi servono solo se ci portano a noi stessi, se ci aiutano a superare ostacoli che altrimenti sarebbero insormontabili. E tutto questo, conclude qualcuno, è nelle nostre mani, sta a noi decidere quando.”
È ora, canta il poeta Rainer Maria Rilke, di “prepararsi e di entrare nei paesi più profondi”
SONO COSÌ GIOVANE
Sono così giovane. Vorrei a ogni suono
davanti a me rabbrividire e perdermi
nella morsa cara del vento;
come qualcosa che si attorciglia
sul viale del giardino la nostalgia
vuole nuove radici, e io vorrei
mostrarmi del tutto aperto,
sentirmi dentro di me più grande.
È l’ora di prepararsi come un soldato
e dalle coste della mia giovinezza
col giorno entrare nei paesi più profondi.