SCEGLIERE
Nel 1996 il regista inglese Danny Boyle mostrò al mondo il suo film più celebre che, in seguito, diventerà un vero e proprio cult: “TRAINSPOTTING”.
Nel celeberrimo incipit ascoltiamo il monologo del protagonista che incita i suoi coetanei a fare scelte giuste per dare il via a esistenze degne di essere vissute:
“Scegliete di vivere” conclude solenne Renton e poi aggiunge “Ma perché dovrei fare una cosa così?”
Molto meglio fare come tanti adolescenti italiani che, per evitare scelte scomode o troppo impegnative ricorrono a protesi esistenziali come l’abuso di alcool o altre sostanze per riempire un vuoto altrimenti incolmabile.
Scegliere dà il ritmo alla nostra vita e lo sapeva bene il filosofo danese Soren Kierkegaard il quale distinse tre tipi di stadio esistenziale: quello estetico, in cui si cerca sempre e solo la bellezza, salvo poi scoprire che essa sfuma sempre miseramente, quello etico, in cui ci si illude di poter fare sempre scelte giuste, salvo poi scoprire che ogni scelta si apre al pentimento, e infine quello religioso, in cui si pensa che Dio risolverà tutti i nostri problemi, salvo poi scoprire che spesso la fede è più spesso un paradosso che una soluzione consolante.
E allora? Perché scegliere e dare un indirizzo alla nostra vita si risolve così spesso in aspetti inquietanti, per niente consolanti?
I filosofi del gruppo, decimati dalla gita della seconda, dall’influenza e da stage vari, hanno dato diverse chiavi di lettura di un fenomeno così inquietante. Secondo Paola le scelte sbagliate, le protesi pericolose, quelle che portano più alla morte che alla vita, sono dovute a due fattori fondamentali: la ricerca di uno status symbol, ovvero un qualcosa che attesti un livello sociale elevato acquisito e, soprattutto, riconosciuto, oppure la realizzazione di un rito di passaggio, un rito solenne che attesti una volta per tutte il passaggio all’età adulta, la cosiddetta maturità.
Vittorio formula un’altra ipotesi: e se dietro le protesi dannose cui spesso ricorriamo ci fosse quel fenomeno inquietante chiamato “bullismo”? Ovvero affermare la propria esistenza attraverso gratuiti atti di violenza contro persone indifese. È una questione di potere. E di personalità inconsistenti, aggiunge Jacopo: uomini, donne, ragazzi senza spina dorsale, degli smidollati, diremmo, gente che non sta in piedi da sé, un po’ come il celebre spaventapasseri del “Mago di Oz”.