FIGLI
Venire alla luce, come nella grotta di Platone, conoscere la verità, comprendere che l’intelligenza ci apre possibilità inattese è, sicuramente, fonte di gioia. Quando la luce di un pensiero fecondo ci pervade tutto diviene fantastico, una voglia di ballare e scalpitare ci invade:
Il cammino intrapreso lo scorso mercoledì è decisamente impegnativo. “Vivi!” grida il dott. Frankenstein alla creatura distesa sul letto, prende vita la creatura nel grembo di Juno, la ragazzina americana del film, prende forma concreta il pensiero nella nostra intelligenza, “quelli davanti” sono i genitori che conducono l’auto su cui sonnecchia inconsapevole la ragazza del gruppo che ci ha regalato la sua poesia “Capitolo 29”. Quando siamo veramente vivi? Alessandro, il più piccolo del laboratorio, si domanda: “quando c’è la vita?” Un robot è vivo o è solo un’imitazione venuta male della vita? Il grande romanziere Isac Asimov provò a rispondere a questa domanda nel suo libro “Io Robot” divenuto poi un film con Will Smith. In un futuro prossimo l’omicidio di un ingegnere specializzato in intelligenza artificiale fa cadere i sospetti su di un droide dal forte aspetto umano: sarà lui l’omicida? Come può il robot aver ucciso colui che chiama padre?
Il robot protagonista si chiama Sonny ed è adatto a sentimenti ed emozioni oppure è solo una “lattina” capace di fare buone imitazioni?
Dopo aver discusso un po’, i membri del lab non sono più così sicuri su cosa determini la vera natura umana. Allora il prof propone di guardare un quadro famoso di Giacomo Segantini intitolato “Le due madri”
In una sola immagine due maternità. Ma qual è la differenza tra le due? Entrambe vive, biologicamente simili, entrambe compiaciute della vita che hanno generato, entrambe umili, entrambe madri. Quindi? Quale differenza? L’emozione, dichiara qualcuno. Il sentimento, afferma un altro. Ma la mucca non è un robot e, forse, anch’essa ha sentimenti. Chi può dirlo? Le macchine sicuramente non provano nulla – dichiara qualcuno – ma gli animali sono come noi e quindi sentono. Il grande Guglielmo da Ockham sosteneva che, su questi argomenti metafisici, l’anima, l’intelligenza, il sentimento, Dio stesso, l’uomo non potesse dire nulla, né pro, per dimostrare, né contro, per smentire. In un altro grande film, realizzato dal regista Steven Spielberg, “A.I. intelligenza artificiale” l’ingegnere di una ditta che produce androidi e che insegna all’università ha la pretesa, secondo lui motivata, di essere risuscito ad incapsulare l’intelligenza, e con essa l’emozione:
(è in inglese ma si comprende bene che il cuore dell’intelligenza si trova tra le mani dello scienziato)
Il regista suppone che un droide sia solo una macchina, un “mecca”, si dice nel film. Una macchina non può amare, nemmeno se è programmata per farlo:
il robottino David, dopo la sequenza di imprinting, non si rivolge più a Monica chiamandola con il suo nome ma usa l’appellativo “mamma”. Ma un robot non muore mai, afferma qualcuno. Almeno fino a quando le sue batterie non si scaricano del tutto. Allora, forse, sai di essere vivo quando sai di poter morire. E questo una macchina non lo sa. Ma una mucca sì!