03 – Governo tecnico o Governo politico?
L’incontro di oggi inizia con un breve e divertente ripasso dei contenuti della scorsa settimana, ancora una volta grazie a Kahoot, per introdurci alla tematica cruciale: il Governo che si è ormai formato, è di natura tecnica o politica? Osservandone i componenti, intuiamo che la risposta possa essere “natura mista”. Da parte degli studenti nascono molti interrogativi: se ci sono i tecnici è un fallimento della politica? Se siamo in emergenza e la politica spesso litiga, perché non scegliere solo tecnici che sicuramente non penseranno ad essere poi eletti e non sono quindi legati ad alcun vincolo di ritorno di consenso?
Ci facciamo aiutare grazie ad alcune grandi firme del Corriere della Sera.
Come possono stare insieme leader sempre in conflitto è una domanda posta anche al Direttore Fontana, il quale afferma: “Io credo che lo sia a condizione che ciascuno dei leader abbia uno scatto di responsabilità, metta da parte, almeno per il momento, i temi divisivi, si concentri su cosa è necessario per uscire dalla crisi. Anche la composizione del governo dovrebbe rispettare queste caratteristiche con personalità dei partiti o della società civile che si distinguano per competenza e stile unitario. Può sembrare un’illusione ma l’Italia ha mostrato in altri momenti questo spirito di responsabilità.” Ancora una volta, dopo i molti richiami del Presidente Mattarella, riceviamo un invito alla responsabilità e il promemoria delle grandi capacità di reagire nelle difficoltà del nostro Paese.
Il Direttore Fontana apre quindi l’argomento di un Governo a composizione mista, ma Angelo Panebianco ci invita ad uscire da questa divisione teoria con il suo articolo La politica e il senso del futuro: “Prima di tutto bisogna ribadire l’ovvio: i governi tecnici non esistono, i governi sono tutti politici. L’alternativa «governo tecnico/governo politico» di cui si discute in questi giorni dovrebbe essere diversamente formulata: la scelta è fra governi con un orizzonte temporale relativamente ampio e governi con un orizzonte più ristretto.”
Ma, allora: il Governo tecnico esiste o meno? Alcuni studenti intervengono a sostegno dell’una e dell’altra tesi, ma si fa spazio un nuovo interrogativo nel dibattito: com’è stato possibile arrivare a questo punto? In una situazione in cui sembra che i tecnici possano rappresentare l’unica via d’uscita da un vicolo cieco? Si fanno largo molte ipotesi: perché come cittadini ci siamo accontentati di quello che arrivava, perché i giovani percepiscono la politica come qualcosa di distante e questo non porta ad alcun ricambio, per la diffusa ignoranza di chi poi va a votare senza informarsi prima relativamente a programmi e candidati, per una concezione di “popolo bue” rassegnato alle decisioni che pervengono “dall’alto”.
Scegliamo di soffermarci su di un passaggio in particolare: perché i giovani percepiscono la politica come difficile? Perché è difficile partecipare, non possiamo fare qualcosa in modo diretto e questo comporta frustrazione e l’inseguimento dei comportamenti di massa; più che difficile è alienizzata, nel senso che è qualcosa di lontanissimo (ma sappiamo bene che non è così!); viviamo il paradosso di essere le nuove generazioni, di avere il futuro davanti, di sapere quali cose vorremmo cambiare ma di non capire come fare…e questo ci allontana; perché da sempre ne parlano gli adulti e quando arriviamo a 18 anni per votare è difficile scegliere consapevolmente perché non ne sappiamo nulla: dobbiamo imparare tutto lì per lì, ci sembra troppo difficile e quindi molliamo.
Giungiamo alla conclusione con le parole del Presidente Draghi: “Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità ma semmai, in un nuovo e del tutto inconsueto perimetro di collaborazione, ne fa uno avanti nel rispondere alle necessità del Paese, nell’avvicinarsi ai problemi quotidiani delle famiglie e delle imprese che ben sanno quando è il momento di lavorare insieme, senza pregiudizi e rivalità”. Ma allora, Presidente, sarà un Governo tecnico o politico? “Competente”.